In occasione del mio compleanno mi/vi “regalo” un pezzo del mio nuovo romanzo che uscirà a settembre. E’ la storia dell’assistente sociale Marco Menandri il quale dopo l’uccisione di un suo assistito, il disabile Carluccio Romano, viene “travolto” in un vortice di situazioni,accadimenti, sentimenti e decisioni. “…Doveva indagare! Ormai l’impegno era duplice con Carluccio e Carmine. Non poteva più permettersi di tergiversare e nascondersi dietro castelli artefatti e chimere. Però… non aveva mai investigato. Al massimo si era avventurato in ricerche d’archivio per scoprire la storia di alcuni importanti provvedimenti, aveva chiacchierato in maniera informale con politici ed amministratori per comprendere cosa si celasse dietro alcune scelte, delibere o indirizzi, ma tutto questo gli appariva davvero lontano dall’indagare per scoprire un assassino. Non sapeva neppure se potesse farlo. Sì, aveva visto dei film e letto libri sul tema, come tanti d’altronde, ma non si sentiva né Poirot, tantomeno don Matteo, anche se con quest’ultimo ed il Guerrieri di Carofiglio, aveva in comune la bici come principale mezzo di locomozione. In fondo avrebbe dovuto soltanto parlare con qualche suo conoscente per raccogliere eventuali informazioni poi, assieme a don Carmine, le avrebbero passate al setaccio e valutato se potessero condurre da qualche parte. Provando a calarsi nel ruolo, la prima lucina che si accese nella sua testa, fu quella di partire dal mondo della malavita locale, poteva essere, se non una pista, un modo per cominciare. Forse voleva parodiare qualche investigatore d’ispirazione americana avvezzo a battere i bassifondi per raccogliere indizi, un Sam Spade da strapazzo, con buona pace di Hammett. Si rammentò d’aver dato una mano alla sua collega Ada nel progettare percorsi di recupero per ex carcerati, venendo di conseguenza a contatto con alcuni di loro, stringendo un rapporto, se non di amicizia, almeno di fiducia. Molti di questi erano soliti bazzicare i bar del paese e dunque si diresse al bar del castello, situato nell’omonima piazza, dove era certo di rinvenire Tonino Lagrotta detto il toro, non solo per la sua mole, ma perché tifoso sfegatato del Torino, tanto da vestire solitamente di granata. In ragione della sua forza era stato con successo corteggiato dalla delinquenza della zona e si era distinto in pestaggi, furti, atti di violenza che lo avevano condotto varie volte in carcere. Poi aveva conosciuto Brigida, un’insegnante di religione che, può darsi, per un’innata vocazione alla altrui redenzione, si era innamorata di Tonino. Brigida, per non smentire la sua inclinazione, lo aveva catechizzato a dovere, decretandogli di smetterla di fare il tagliagole da strapazzo, altrimenti l’avrebbe lasciato. L’amore si sa muove anche i monti e di conseguenza, la montagna umana Tonino, nel giro di poco tempo si era rabbonita e diventata un agnello, un agnellone per essere più precisi. Il Toro, a causa dei suoi precedenti, stentava a trovare un lavoro fisso, ma per sua fortuna i servizi sociali si erano attivati. Aveva trovato spazio all’interno di un progetto di reinserimento per ex carcerati co-finanziato dalla Comunità Europea e operava, se pur con qualche pausa, nella manutenzione del verde pubblico, riuscendo così ad avere un introito fisso mensile che gli garantiva l’amore di Brigida e la prospettiva di un futuro assieme a lei.
Appena Tonino adocchiò Marco, gli si avvicinò tenendo al guinzaglio un cagnolino, forse un bassotto, e lo salutò calorosamente chiedendogli se potesse offrirgli qualcosa al bar. Marco, dopo una superficiale occhiata al cagnolino, a pelle antipatico, rispose d’aver da poco preso un tè, ma avrebbe gradito volentieri due chiacchiere con lui.
– Dottò io, come sai, sto rigando dritto.
– Di questo Tonino ne sono più che sicuro, e poi mi aggiorna quasi quotidianamente Brigida che come sai…
– Allora non ci sono problemi!- Rispose sorridendo e, quasi a ulteriore conferma, si levò anche il festoso abbaiare del bassotto.”
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