PHILIPPE GEORGET D’estate i gatti si annoiano

 copIl libro pubblicato in Francia nel 2011 per i tipi Editions Jigal ed in Italia l’anno successivo dalla casa editrice E/O è l’esordio letterario di Philippe Georget, un buona opera prima a detta della critica ed anche mia. Si viene subito catturati dall’atmosfera lieve e pensosa del suo protagonista, l’ispettore Sebag, e dagli splendidi paesaggi attorno a Perpignan, nel sud della Francia, la Francia catalana ai piedi del monte Canigou. La vicenda gradualmente si svelerà essere il “classico” gioco tra un criminale psicopatico e l’intero commissariato con il nostro Sebag, nel ruolo di interlocutore privilegiato. Un crescendo nel quale si sfumano ed alternano le differenze tra “il gatto ed il topo” e si deve dar fondo a tutte le risorse per salvare il salvabile: la vita di una giovane ragazza rapita e tenuta prigioniera. Sullo sfondo la vicenda personale e famigliare che non intacca lo svolgimento del suo lavoro investigativo, come quest’ultimo interferisce ben poco con la dimensione casalinga vissuta come il luogo più importante della sua vita, anche se anch’esso non immune da crepe e turbolenza. La scrittura è asciutta ed essenziale, finalizzata allo sviluppo narrativo senza orpelli e barocchismi, ma nemmeno cadute ritmo. ”Osservò Lambert attraverso il finestrino chiuso. Un movimento del gomito a destra, uno a sinistra. Lo svuotamento era terminato, ma prima di risalire in macchina il giovane ispettore fece una serie di altre oscillazioni che Sebag non riuscì a comprendere subito. Fu solo quando il collega rimontò in macchina che capì: aveva approfittato della pausa per spruzzarsi un po’ di quel suo orribile profumo sotto le ascelle. Sebag percorse i primi chilometri in apnea, poi decise nonostante il clima di guidare con i i finestrini aperti. Era pronto a sopportare tutto. Ma certe cose erano decisamente al di là delle sue forze.”

Le vendicatrici Ksenia di Carlotto e Videtta

Ksenia è il primo romanzo della serie “Le vendicatrici”, scritto a quattro mani da Massimo Carlotto e Marco Videtta. Il libro è chiuso in sé, cioè ha un suo finale, anche se i personaggi continueranno a vivere in altre tre storie ognuna con protagonista una figura femminile: Eva, Sara e Luz. Chi ha letto Carlotto, come me che li divorati quasi tutti, nota come il linguaggio non sia, ovviamente, simile ai precedenti, perché questo è il risultato del lavoro di coppia con Videtta, con il quale c’era stata la precedente e fortunata collaborazione in “Nordest”(premio selezione Bancarella), vi manca però quell’ironia e quella coloritura particolare che me l’hanno fatto apprezzare. L’idea di porre le donne al centro delle vicende è il risultato di una riflessione degli autori sul lento ed inesorabile decadimento, nella nostra società, del maschio che per restare ancorato al suo potere ed al ruolo predominante rispetto a quello femminile, che aveva fino a ieri, spesso usa la violenza nelle sue varie declinazioni. La risposta delle donne, di queste donne a partire da Ksenia, è anch’essa violenta, ma non fine a se stessa, gratuita, quanto piuttosto il modo per difendersi e non perire in questa giungla che pare sempre più esser diventata la nostra società. Ksenia è una siberiana che viene in Italia con la promessa di un marito e di una vita migliore, ma finirà in un inferno dal quale saprà risalire con l’aiuto di alcune compagne, vittime anche loro di violenza e sopraffazione, che poi saranno le interpreti principali degli altri tre episodi di quella che potremmo definire la saga delle vendicatrici. Questa prima opera non mi ha molto incantato, è ben scritta, ma è più un esercizio di stile che altro, perché manca quella passione, quell’inventiva, e non solo nella storia spesso scontata, che in altri componimenti di Carlotto ho incontrato. Frase cult:” Avevo imparato da un pezzo che le vittime mentono più dei colpevoli”.

carlot

Esmahan Aykol “Divorzio alla turca” Sellerio editore

 

La Aykol, vive tra Berlino ed Istambul ed ha creato un personaggio, la libraia Kati Hirschel che, almeno nella mescolanza tra le due culture, le assomiglia. Kati però da tempo vive stabilmente ad Istambul, gestisce una libreria specializzata in gialli, noir e,  guarda caso, ha l’hobby di indagare. Supportata anche dal suo assistente Fofo, quando c’è qualche delitto  interessante, 2613-3 avvenuto soprattutto nei quartieri alti della “porta d’Asia e d’Europa, non riesce a non “ficcare il naso”. La Aykol ha presentato questo libro a Conversano la scorsa edizione di Lector in fabula, mostrandoci una città in fermento e trasformazione  nella quale convivono più culture. Questo libro è il terzo della serie e la libraia indaga sulla scomparsa della rampolla di una delle casate più in vista del paese presidente di una associazione ambientalista. “ Che si trattasse di un presunto omicidio o di un’azienda che inquina senza ritegno, dovevamo difendere il senso della giustizia e tutti i valori in cui crediamo. Per sentirci a posto con la nostra coscienza dovevamo combattere le ingiustizie”. Il libro scorre placido come un fiume nel quale puoi anche nuotare e pescare senza temere nulla, soprattutto se è una bella giornata soleggiata.

Altri noi. La prima indagine dell’assistente sociale Menandri

In occasione del mio compleanno mi/vi “regalo” un pezzo del mio nuovo romanzo che uscirà a settembre. E’ la storia dell’assistente sociale Marco Menandri il quale dopo l’uccisione di un suo assistito, il disabile Carluccio Romano,  viene “travolto” in un vortice di situazioni,accadimenti, sentimenti e decisioni. “…Doveva indagare! Ormai l’impegno era duplice con Carluccio e Carmine. Non poteva più permettersi di tergiversare e nascondersi dietro castelli artefatti e chimere. Però… non aveva mai investigato. Al massimo si era avventurato in ricerche d’archivio per scoprire la storia di alcuni importanti provvedimenti, aveva chiacchierato in maniera informale con politici ed amministratori per comprendere cosa si celasse dietro alcune scelte, delibere o indirizzi, ma tutto questo gli appariva davvero lontano dall’indagare per scoprire un assassino. Non sapeva neppure se potesse farlo. Sì, aveva visto dei film e letto libri sul tema, come tanti d’altronde, ma non si sentiva né Poirot, tantomeno don Matteo, anche se con quest’ultimo ed il Guerrieri di Carofiglio, aveva in comune la bici come principale mezzo di locomozione. In fondo avrebbe dovuto soltanto parlare con qualche suo conoscente per raccogliere eventuali informazioni poi, assieme a don Carmine, le avrebbero passate al setaccio e valutato se potessero condurre da qualche parte. Provando a calarsi nel ruolo, la prima lucina che si accese nella sua testa, fu quella di partire dal mondo della malavita locale, poteva essere, se non una pista, un modo per cominciare. Forse voleva parodiare qualche investigatore d’ispirazione americana avvezzo a battere i bassifondi per raccogliere indizi, un Sam Spade da strapazzo, con buona pace di Hammett. Si rammentò d’aver dato una mano alla sua collega Ada nel progettare percorsi di recupero per ex carcerati, venendo di conseguenza a contatto con alcuni di loro, stringendo un rapporto, se non di amicizia, almeno di fiducia. Molti di questi erano soliti bazzicare i bar del paese e dunque si diresse al bar del castello, situato nell’omonima piazza, dove era certo di rinvenire Tonino Lagrotta detto il toro, non solo per la sua mole, ma perché tifoso sfegatato del Torino, tanto da vestire solitamente di granata. In ragione della sua forza era stato con successo corteggiato dalla delinquenza della zona e si era distinto in pestaggi, furti, atti di violenza che lo avevano condotto varie volte in carcere. Poi aveva conosciuto Brigida, un’insegnante di religione che, può darsi, per un’innata vocazione alla altrui redenzione, si era innamorata di Tonino. Brigida, per non smentire la sua inclinazione, lo aveva catechizzato a dovere, decretandogli di smetterla di fare il tagliagole da strapazzo, altrimenti l’avrebbe lasciato. L’amore si sa muove anche i monti e di conseguenza, la montagna umana Tonino, nel giro di poco tempo si era rabbonita e diventata un agnello, un agnellone per essere più precisi. Il Toro, a causa dei suoi precedenti, stentava a trovare un lavoro fisso, ma per sua fortuna i servizi sociali si erano attivati. Aveva trovato spazio all’interno di un progetto di reinserimento per ex carcerati co-finanziato dalla Comunità  Europea e operava, se pur con qualche pausa, nella manutenzione del verde pubblico, riuscendo così ad avere un introito fisso mensile che gli garantiva l’amore di Brigida e la prospettiva di un futuro assieme a lei.

Appena Tonino adocchiò Marco, gli si avvicinò tenendo al guinzaglio un cagnolino, forse un bassotto, e lo salutò calorosamente chiedendogli se potesse offrirgli qualcosa al bar. Marco, dopo una superficiale occhiata al cagnolino, a pelle antipatico, rispose d’aver da poco preso un tè, ma avrebbe gradito volentieri due chiacchiere con lui.

–          Dottò io, come sai, sto rigando dritto.

–          Di questo Tonino ne sono più che sicuro, e poi mi aggiorna quasi quotidianamente Brigida che come sai…

–          Allora non ci sono problemi!- Rispose sorridendo e, quasi a ulteriore conferma, si levò anche il festoso abbaiare del bassotto.”

Altri Noi.La prima indagine dell’assistente sociale Menandri.

Sinossi

 

 

L’assistente sociale Marco Menandri lavora presso l’assessorato alle politiche sociali del comune del sud est barese Casalmodrone e si occupa prevalentemente di disabili. Laureato in psicologia, da quando è stato lasciato dalla moglie e dai suoi due figli, abita in campagna  cercando di coltivare un piccolo appezzamento di terra e vivere in maniera più ecocompatibile possibile. Una mattina della primavera 2009, mentre è intento nella sua abituale pedalata, lo informano che un suo caro assistito, il trentenne disabile Carluccio Romano, è stato assassinato ed il suo corpo trovato nei pressi del lago di Agnano in condizioni raccapriccianti. Da quel momento inizierà un periodo della sua vita abbastanza intenso, ricco di nuove conoscenze e svolte inattese. Incontrerà il famoso scrittore e giornalista Carmine Altieri che lo convincerà ad investigare per scoprire l’assassino. In seguito gli proporrà  di dirigere un Centro per disabili e ragazzi svantaggiati,  che dovrebbero realizzare d’intesa con don Antonio Bianco,  rettore del seminario e punto di riferimento per la chiesa di frontiera. Sarà però il capitano dei carabinieri Italo Italiano, perennemente a corto di uomini ed oberato da mille inchieste, a conferirgli ufficialmente l’incarico di collaboratore alle indagini. Per Marco ci sarà una svolta anche sul versante affettivo, innamorandosi a prima vista e venendone  ricambiato da Irina,  una  giovane attrice serba di origine rom. L’inchiesta procederà a singhiozzi perché Marco deve fare i conti, sia con gli impegni lavorativi, che con il suo sentirsi perennemente inadeguato rispetto ai compiti. Nonostante tutto, il suo intervento e la preziosa collaborazione dell’amico giornalista, si riveleranno fondamentali, non solo per sventare una falsa pista, ma anche per risolvere il caso proprio all’indomani di un nuovo omicidio maturato questa volta nel giro della locale malavita. Marco assiste a questa brutale esecuzione e sono proprio le ultime parole della nuova vittima a metterlo nella giusta direzione. Sarà importante la collaborazione di un cugino rom di Irina, nella notte del suo diciottesimo compleanno, ma anche in quella nella quale l’odio verso gli zingari prende dimensioni tragiche. Quanto si scoprirà svelerà un mondo di violenza e crudeltà che non si pensava potesse esistere, ne tantomeno essere praticata su un ragazzo fragile ed indifeso.