Alberto, secondogenito della influente famiglia Manzari, direttore della più importate banca della città, il 29 gennaio 2015 viene arrestato e condotto in carcere con una serie pesante di accuse che vanno dal riciclaggio alla collusione con la mafia. Il padre Giovanni, politico di lungo corso, passato per tutti i più importanti ruoli da segretario di partito a sindaco, sino a diventare presidente della provincia, resta scioccato dalla notizia. Il maggiore Guido, professore di lettere in pensione, cerca di rassicurare i due nipoti, Alice e Giandomenico, e di aiutare il fratello pur ritenendolo colpevole, non solo per i crimini che gli vengono addebitati, ma per tutta la sua condotta di vita. Anche la moglie Fabia, dal quale si era separato per andare a vivere con Giada, braccio destro all’interno della sua banca, non prova per lui la minima compassione. Il commissario Landolfi vorrebbe richiuderlo per sempre in carcere e buttare la chiave, eppure in passato anche Alberto aveva accarezzato il sogno di un mondo migliore… per tutti. L’anziano genitore, forse a causa della cattiva notizia, dopo qualche giorno dall’arresto, muore, al suo funerale vanno in tanti ad omaggiare un uomo dai sani e saldi principi. Le indagini proseguono e l’accaduto sembra aver incrinato alcune delle certezze dei protagonisti
Fabia
Non ce la faccio più! Non ce la faccio più! Non ce la faccio più! Ora basta, basta! Che senso ha tutto questo? Voglio essere aspirata nel vortice, subito, ogni secondo che passa è soltanto inutile. Non ha senso tutto questo, non ha senso e nemmeno significato. Non è possibile continuare, devo iniziare a remare contro, procedere per la giusta strada senza rimpianti e recriminazioni. E’ solo un monologo pietoso e neppure condivisibile, devo provvedere a me stessa, nessuno mi potrà nascondere alle mie responsabilità. Basta, non ce la faccio più! Lo so, sono monocorde, ma cosa posso farci se la mia vita è schiacciata dal dolore, un dolore immenso da non riuscire più a tollerare. Perché mi sono ridotta così? Che colpa ho, cosa ho mai fatto? Nulla non è colpa mia, anche se sono io a pagarne le conseguenze. Mi sto accartocciando, anche il respiro si è ridotto e le gambe sono legnose, il pensiero lento e la morte sempre accanto, unica fedele, stronza, compagna. Il suo alito è fetido, la sua vista ripugnante, il suo richiamo irresistibile, ormai è parte di me, non mi molla nemmeno di notte, popola i miei incubi e mi sveglia con il suo bieco bacio. Ditemi si può vivere così? Giorno dopo giorno la stessa speranza delusa e la melma spalmata addosso…non merito di essere liberata per sempre… aiuto, non ce la faccio più, liberatemi! Non auguro questo nemmeno al più grande criminale della terra, al diavolo in persona, perché tutto questo inutile dolore è pura follia. Un dolore gratuito, spropositato, che ti annienta, ma non ti finisce, ditemi dov’è l’inventore, chi il perfido criminale: il diavolo in persona? Dove sei maligno? Dove sei? Vieni fuori se hai il coraggio, combatti, non nasconderti com’è tuo costume, se sarò sconfitta almeno perirò e mi libererò per sempre. Come siamo ridicoli, anche quando stiamo bene, ci creiamo situazioni di malessere, il male sociale, il sistema si è dimostrato fallato, incapace di distribuire ricchezza ma solo debiti alle classi medie e agi e privilegi soltanto a minoranze con ricchezze gigantesche ma scandalosamente in poche mani ! per offrire oggi …solo miseria… precarietà e riduzione generalizzata dell’ offerta sociale complessiva ! Ecco, ogni tanto riemergono dalle nebbie le mie divagazioni politiche, per fortuna, mi distraggono, anestetizzano per attimi il tormento. E se riprendessi le aspirazioni giovanili? Non ho la forza, sono prosciugata, scavata, essiccata e sconclusionata. Uccidetemi vi prego e regalatemi la tomba sulla cui lapide scrivete: ora vive!
Filed under: Il sogno di un mondo migliore | Tagged: dolore, fetore, incubi, morte, tomba, vita | Leave a comment »