Il sogno di un mondo migliore 6.2

  unica05RIASSUNTO PRECEDENTI PUNTATE

Alberto, secondogenito della influente famiglia Manzari, direttore della più importate banca della città, il 29 gennaio 2015 viene arrestato e condotto in carcere con una serie pesante di accuse che vanno dal riciclaggio alla collusione con la mafia. Il padre Giovanni, politico di lungo corso, passato per tutti i più importanti ruoli da segretario di partito a sindaco, sino a diventare presidente della provincia, resta scioccato dalla notizia. Il maggiore Guido, professore di lettere in pensione, cerca di rassicurare i due nipoti, Alice e Giandomenico, e di aiutare il fratello pur ritenendolo colpevole, non solo per i crimini che gli vengono addebitati, ma per tutta la sua condotta di vita. Anche la moglie Fabia, dal quale si era separato per andare a vivere con Giada, braccio destro all’interno della sua banca, non prova per lui la minima compassione. Il commissario Landolfi vorrebbe richiuderlo per sempre in carcere e buttare la chiave, eppure in passato anche Alberto aveva accarezzato il sogno di un mondo migliore… per tutti. L’anziano genitore, forse a causa della cattiva notizia, dopo qualche giorno dall’arresto, muore. La duplice notizia sconvolge il paese ed intacca le sicurezze di tutti. Alberto dopo circa un mese di carcere torna a casa

GIANDOMENICO

Ma cosa ne so io degli anni di piombo e perché tutto questo piombo mi sta cadendo addosso proprio in questo momento, me ne parla mio padre, anche lo zio Guido, non riesco a capire, quasi che vogliano tornare indietro nel tempo, alla loro gioventù, Uno in galera e ora agli arresti domiciliari, l’altro in pensione, ma comunque insoddisfatto, non tanto della sua vita, ma di quanto  lo circonda e che lui non è stato in grado di trasformare. Vogliono ripartire la lì per capire, forse, se la strada che hanno intrapreso era quella giusta, oppure hanno sbagliato in qualcosa. Mio padre non ammetterebbe mai di aver sbagliato, questo lo sappiamo, ma se comincia a ricordare… forse la galera gli ha fatto scattare qualche meccanismo, lui che mi ha sempre sbattuto in faccia l’importanza di imparare a vivere nel presente, il qui ed ora, questo vale… Io non l’ho neppure studiato quel periodo storico, ci siamo fermati al dopoguerra ed al boom economico degli anni sessanta, i favolosi anni sessanta come ha detto qualcuno, l’inizio dell’ubriacatura o meglio della frecatura dalla quale non ci siamo più ripresi. Pensavamo di crescere, crescere, sempre di più, ma abbiamo fatto la fine della rana che vuole diventare come l’elefante, beve, beve, beve, finchè non scoppia… ora siamo noi a doverci riprendere da uno scoppio e non mi sto riferendo alla bolla speculativa delle Lehman Brothers che è esplosa con la crisi dei mutui subprime ed ha travolto tutta l’economia mondiale, ma a quanto accade alle nostre teste che stanno andando in pezzi per star dietro ad un mondo capitalistico che ci vuole passivi, sudditi e voraci consumatori. Io questo posso dirlo con cognizione di causa perché gli anni di studio alla ESCP Europe mi hanno forgiato e, se semplicemente, si cambia punto di vista, si comprende che questo sistema economico è tarato dalle fondamenta. Per fortuna adesso anche alcuni economisti e tra questi Tomas Piketty, che ha avuto un grande successo e che in massima parte condivido, stanno dimostrando come la moderna crescita economica e la diffusione del sapere ci abbiano permesso di evitare le disuguaglianze su scala apocalittica secondo le profezie di Karl Marx. Ma non abbiamo modificato le strutture profonde del capitale e dell’ineguaglianza così come si poteva pensare negli ottimisti decenni seguiti alla seconda guerra mondiale. Il motore principale dell’ineguaglianza, la tendenza a tornare sul capitale per gonfiare l’indice di crescita economica, minaccia oggi di generare disuguaglianze tali da esasperare il malcontento e minare i valori democratici. Ma le linee di condotta economica non sono atti divini. In passato, azioni politiche hanno arginato pericolose disuguaglianze, afferma Piketty, e lo possono fare ancora. Quindi come al solito la palla torna alla politica, ma i nostri governanti, sudditi delle banche e dei grossi gruppi finanziari, saranno in grado di arginare la deriva ed invertire la rotta? Io non ci credo, ci vorranno altre azioni, interventi combinati su più livelli per almeno tentare… I dati, i tremendi dati parlano sempre più di accumulo di capitali nelle mani di pochissimi, il rapporto dell’Oxfam rivela che 85 miliardari possiedono quanto la metà più povera della popolazione, molti studi indicano che la porzione di ricchezza che va ai lavoratori sotto forma di salario è diminuita in tutto il mondo negli ultimi decenni. Altri nel frattempo segnalano che l’umanità è sempre più impegnata in una corsa contro le macchine, e che le tecnologie create dalla società hanno portato da una parte ad un accumulo di profitti, e dall’altra all’abbassamento dei salari ed alla disoccupazione di massa. Siamo condannati, non se ne viene fuori… ecco che mondo di merda avete creato cari genitori, noi ora cosa dovremmo fare? Io non ho più voglia di adeguarmi, qualcosa escogiterò, mi son rotto di proseguire così, davvero mi sembra di essere a bordo di quel treno che corre a tutta velocità per andare a schiantarsi prima o poi, io preferisco rischiare e lanciarmi giù, magari quando ha rallentato in curva, ma meglio morire da solo che nella catastrofe collettiva, se mi salvo voglio provare a frenare questa corsa folle. Magari non ci si riesce, ma sperarci non costa nulla. Quanti della mia generazione la pensano come me? Quelli che sono qui ovviamente no, anzi, sono il nemico da abbattere, perché saranno la futura classe dirigente della finanza europea, credo che qualcosa ci sia, almeno stando ai giornali ed ai siti: la sinistra radicale, i movimenti d’impronta sociale, i gruppi anarchici, io non conosco nessuno, tranne quello famoso dei Sem Terra brasiliano con il loro motto «Occupare, resistere, produrre». Potrò chiedere a mio zio, anche se è una vecchia cariatide, sicuramente è informato, non tanto per la sua vecchia militanza che ogni tanto tira fuori, ma per la conoscenza di molti giovani in base ai tanti anni di insegnamento, ho veramente voglia di partecipare per provare a dare una svolta. Se lo sa papà come minimo s’incazza, ma ormai non mi fa più paura!

DISEGNO DI VITO SAVINO

Angelo Maddalena “Amico treno non ti pago”

Avevo conosciuto Angelo Maddalena per caso, tornando da un concerto della “Notte della Taranta”assieme a mia sorella e mio cognato. Sapevo solo che era un loro caro amico, conosciuto in giro perché lui di “professione “ fa anche il giramondo. Suona, canta,dipinge,scrive, insomma un’artista a tuttotondo, poliedrico, che da un po’ di tempo, da quando ha deciso di non guidare più, non solo ha riscoperto i mezzi pubblici, in primis il treno, ma si è convinto che sia giusto utilizzarli senza pagare il biglietto. La sua non è solo una maniera per risparmiare, ma è una filosofia di vita, un “atto rivoluzionario” un  gesto che vuol “costringere” tutti noi a riflettere. Ha redatto persino un manifesto nel quale argomenta le motivazioni per le quali non bisognerebbe pagare il biglietto, spaziando dalle croniche inefficienze e ritardi, alla constatazione che alle aziende che gestiscono il servizio, il guadagno del costo del biglietto incide al massimo sul 20 % dell’intero bilancio il resto, per appianare i bilanci, lo mettiamo con i soldi nostri (Stato, Regioni, Comuni, etc. ). Non disdegna argomentazioni di carattere esistenziale “La criminalizzazione di chi non ha il biglietto, mira ad impedire alla gente di muoversi, di spostarsi liberamente e serenamente…io non ce l’ho con Trenitalia, è Trenitalia che ce l’ha con me.” Non disdegna anche frecciate conto i vertici che hanno gestito le nostre ferrovie ” Mi piacerebbe sapere come mai a Cimoli ( ex Amministratore delegato delle F.S. poi “promosso” all’Alitalia dove ha “collezionato” un altra bancarotta finendo sotto inchiesta per dissesto ed aggiotaggio n.d.r. ) hanno dato 2,786 miliardi di euro di liquidazione, cioè un premio, dopo che ha contribuito all’affossamento delle ferrovie italiane”. Per Angelo Maddalena il treno è anche un luogo contro la moderna alienazione, occasione d’incontri, costante monitoraggio della realtà, possibile freno contro l’inquinamento atmosferico. “ A Copenaghen alla conferenza sul clima, hanno detto che i danni climatici provocati in gran parte dalla CO2 delle emissioni delle automobili, ci costeranno 55miliardi di euro. Non sarebbe meglio con quei soldi, garantire a tutti un trasporto pubblico gratuito?” Questo moderno cantastorie ci tocca nel profondo portandoci a riflettere sulla deriva da noi intrapresa, novelli “polli d’allevamento” per dirla alla Gaber,  abbiamo dimenticato o sepolto la nostra umanità per la paura di perdere  “ il treno” di un modello di società che viaggia, senza autista, a velocità folle verso la distruzione.